Francesco Iovine

Francesco Iovine

“In me quella terra è come un mito antico tramandatomi dai padri e rimasto nel sangue e nella fantasia”.


Il Molise agli occhi di Francesco Jovine. O sarebbe meglio dire agli occhi del suo cuore. Il contatto platonico che l’autore stabilisce con le sue origini fa muovere la sua opera su piani differenti e intersecati: la partecipazione affettiva dell’uomo, nutrita dell’atmosfera intimistica dei racconti paterni, e la ricerca storico/antropologica dello studioso, incastonatasi, inevitabilmente, fra le maglie intricate della “questione meridionale”.

Qualunque sia il fronte di partenza, qualunque sia la direttrice privilegiata, qualunque sia l’aspetto direzionale, lo scopo, cioè, degli scritti joviniani, la realtà molisana transita costante sulla personalità dell’autore. La tipica storicità delle sue opere, supportata da un continuo, assiduo e autorevole studio documentario, accompagna la visione nostalgica di luoghi e personaggi, rendendo così al lettore una ricostruzione veritiera che si innesta sulla diade ragione/sentimento. Che è poi lo stesso filo impercettibile che dalla tipica solidarietà dei contadini verghiani conduce alla coscienza piena di quello stesso status sociale ed alla caratteristica antiretorica propri degli scritti di Jovine.

La compassione per i diseredati non fa parte dell’autore, anzi, preferisce cedere il posto ad una sana ironia manifestata nei confronti del “don” di turno: ciononostante risulta essere estremamente errato pensare a Jovine come al denunciatore di un insanabile gap esistenziale tra pochi eletti e tutti gli ultimi, poiché è suo costume parlare piuttosto di naturale opposizione fra uomini, fra individualità differenti.

E’ una narrativa realistica e rappresentativa quella di Francesco Jovine, che non deriva tanto, o almeno non solo, oppure in maniera inevitabile, dal ritardo registrato in seno all’accoglienza delle avanguardie del suo tempo, quanto e soprattutto da un metodo personale d’indagine che rende la realtà sociale quasi così com’è, o perlomeno utilizzando un piano analogico. Certo, l’incontro di Jovine con orizzonti culturali e politici altri gli permette evidentemente di approdare ad un livello letterario sempre più autorevole che ben presto lo farà inneggiare all’intellettuale missionario ma, ancor più, è l’esistenza del costante legame col mito molisano, di cui sopra si discorreva, a permettergli di rendere la realtà in una veste verosimile, rifiutando ogni forma di inutile retorica o rifacimento fatalistico che gli giunge dagli echi meridionalisti ottocenteschi e acquistando una precisa, delineata e anticipatrice di ogni Novecento personalità ideologica.



a cura di Ramona de Santis